Vivere il momento presente
ACT. Non solo un acronimo.
L’Acceptance and Commitment Therapy, o ACT , è una forma di psicoterapia di matrice cognitivista con solide basi scientifiche. Fa parte della “terza ondata” delle terapie cognitivo comportamentali.
L’ACT si basa sulla Relational Frame Theory: un programma di ricerca che studia il funzionamento della mente umana.
Questa suggerisce che molti degli strumenti di pensiero che le persone utilizzano per risolvere i problemi, conducono in una trappola che crea sofferenza.
Ogni volta che una preoccupazione arriva alla nostra coscienza iniziamo a ragionarci su. Iniziamo a discutere tutti i possibili risvolti e le soluzioni. Immaginiamo scenari in cui i nostri timori si realizzano.
Seguiamo un corso di pensieri che può accompagnarci anche per tutto il giorno. A volte ci segue mentre svolgiamo le nostre attività. A volte, il corso dei pensieri diventa ruminazione mentale. Ci paralizza, fermando il tempo in un unico interminabile spazio di ipotesi e prove.
Ma alla fine di tutto questo, abbiamo veramente risolto qualcosa?
Oppure è solo un tentativo di evitare le nostre paure, di controllarle?
Il cognitivismo vecchio stampo affronta le credenze con il razionalismo. Ristrutturazione, discussione, prove empiriche. Le terapie di terza ondata, e l’ACT fra queste, adottano strategie di cambiamento orientate all’accettazione.
Il disagio psichico emerge dai tentativi di soluzione dei problemi, che diventano i problemi stessi!
Punti di vista non convenzionali:
Primo: la sofferenza psicologica è normale, è importante ed accompagna ogni persona. Tentare di evitarla a tutti i costi ci costerà più che semplicemente accettarne l’esistenza.
Questo non vuol dire che dobbiamo rassegnarci al dolore. Il concetto di accettazione è ben diverso da quello di rassegnazione.
Secondo: non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza.
Si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla artificialmente.
Terzo: il dolore e la sofferenza sono due differenti stati dell’essere.
La gamma delle emozioni e degli stati è ampia, e andrebbe attraversata tutta, senza restare impigliati in un solo momento di tristezza, paura, malinconia ecc…
Quarto: noi non siamo la nostra sofferenza. Non bisogna identificarsi con il dolore.
Piuttosto, stiamo provando un dolore, o stiamo avendo un pensiero di paura.
Quinto: azione impegnata.
Il più piccolo passo verso noi stessi è compiere azioni orientate ai nostri valori più personali. Iniziando da ora, ma per farlo si dovrà imparare come uscire della propria mente ed entrare nella propria vita.
In definitiva, ciò che viene richiesto dall’ACT, è un cambiamento di prospettiva fondamentale: un cambiamento nella concezione della propria esistenza. Una chiamata all’azione impegnata: commitment, in lingua inglese, significa impegno.
Cambiando la prospettiva dalla quale guardiamo ai problemi e alla sofferenza, cambia anche il loro peso e l’impatto che hanno su ogni singolo momento della nostra vita.
I metodi dell’ Acceptance and Commitment Therapy:
Mindfulness: è un modo di osservare e partecipare alla propria esperienza. Praticato da secoli nella meditazione orientale. Recenti ricerche provano che la pratica della mindfulness può avere benefici psicologici importanti.
Attraverso queste tecniche si impara a guardare al proprio dolore da una certa distanza. Differente dal vedere il mondo attraverso di esso.
Si entra nella prospettiva in cui ci sono moltissime altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare di regolare i propri contenuti psicologici.
Accettazione: cercando di sbarazzarsi del proprio dolore si ottiene solamente di amplificarlo. Si resta intrappolati nel rimuginio dei nostri pensieri. L’ACT invece fa una netta distinzione tra dolore e sofferenza.
Per sua stessa natura, il linguaggio genera la tendenza ad affrontare un problema attraverso la ricerca di una soluzione. Una che passi per le parole. Si ipotizzano strategie, si immaginano discorsi.
Capire come affrontare un evento negativo è insito nella natura umana ed è legato alla sopravvivenza, perciò ha un valore importante. Quando ci imbattiamo in un evento interno doloroso tendiamo perciò a fare ciò che si fa solitamente: lo organizziamo in uno schema e cerchiamo di risolverlo. In realtà le esperienze interne non sono uguali agli eventi esterni. Per questo i metodi che utilizziamo per risolvere un problema di natura pratica non sempre funzionano. Spesso diventano un’arma a doppio taglio.
L’accettazione della sofferenza non vuole essere un atteggiamento passivo e di rassegnazione, ma una vera presa di coscienza in grado di alleviarla.
Impegno e vita basata sui valori: nel momento in cui siamo impegnati a risolvere e cercare di contenere i problemi psicologici spesso mettiamo la nostra vita in attesa.
Impegnamo gran parte delle nostre risorse attentive nella risoluzione del dolore, per sbarazzarcene. L’ACT invece punta a insegnare metodi con cui uscire dalla catena delle associazioni mentali, e impegnarsi a vivere ogni momento intraprendendo azioni impegnate in direzione di quelli che sono i propri valori.
In ogni istante del momento presente, quale è il più piccolo passo che potresti fare per diventare la persona che vorresti essere?
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